Gli alberi ci rendono felici e sono maestri per l’insegnamento della felicità.
Il 21 novembre è la Giornata nazionale degli alberi, ricorrenza che si pone l’obiettivo di promuovere la tutela dell’ambiente e la valorizzazione degli alberi.
Ma lo sapete che gli alberi ci rendono felici e ci insegnano ad esserlo? Oltre a fare bene alla nostra salute e all’ambiente, sono un toccasana per la nostra mente e possono fornirci esempi di ricerca della felicità.

Gli alberi ci rendono felici: bagni di foresta e campi elettromagnetici
Le mani dell’albero hanno le unghie sporche di azzurro a furia di scavare dentro il cielo
Fabrizio Caramagna
“Forest bathing”: un bagno di foresta
I giapponesi lo sanno bene che gli alberi ci rendono felici. Lo chiamano “Shinrin-Yoku” che tradotto in inglese diventa “Forest Bathing”, ovvero “Bagni nella foresta”. Si tratta di una vera cura, inserita in un programma sanitario nato nel 1982, per affrontare i disturbi legati allo stress, aumentare il benessere e incoraggiare il rilassamento.
Alla base c’è un dato scientifico, che dice che stare a contatto con la natura, in particolare con gli alberi, ha effetti sulla salute provati: dopo ogni “immersione nel verde” si registra un calo di cortisolo (l’ormone dello stress), un abbassamento della pressione del sangue e un potenziamento del sistema immunitario.
In Giappone il governo ha stanziato per gli studi medici in materia 4 milioni di dollari (pari a 3,4 milioni di euro) e finanziato la creazione di nuovi percorsi a piedi all’interno di oasi naturali. Dal Giappone questa pratica si è poi diffusa negli Stati Uniti e in Italia, diventando pare una tendenza.
I campi elettromagnetici che fanno bene all’uomo
Tra i moltissimi studi fatti e in corso in questo settore per dimostrare che gli alberi ci rendono felici, uno che ci ha affascinato molto è quello chiamato Bioenergetic Landscape, una tecnica per progettare e realizzare parchi e giardini definiti “bioenergetici”, che nasce da uno studio della relazione elettromagnetica tra piante, alberi e uomo.
Sviluppata dall’eco designer Marco neri, questa teoria dimostra che gli alberi emettono campi elettromagnetici tra i quali sono rilevabili frequenze analoghe a quelle emesse dalle cellule dei nostri organi, e per questo capaci di creare un’interazione con l’organismo umano.
La qualità dell’interazione “uomo-pianta” dipende dalla particolare specie di albero: ogni tipo di pianta ha un’influenza diversa sui vari organi umani. Alcune specie sono molto benefiche, mentre altre si sono verificate “disturbanti”. E’ stato dimostrato, per esempio, che il tiglio fa molto bene soprattutto per il sistema nervoso, per le mucose e per i reni, mentre se si sta vicino a una quercia si ottiene un miglioramento del sistema cardiocircolatorio e immunitario.

L’effetto terapeutico è temporaneo, la sua durata varia in base a una serie di fattori come lo stato iniziale, la qualità del luogo, il tipo e la grandezza della pianta e, naturalmente, anche dal tempo di persistenza nell’area di influenza. Certo è che quanto più a lungo si può sostare vicino alle piante, maggiori saranno i benefici, ma sono già sufficienti dieci minuti per trovarne giovamento.
Gli alberi ci rendono felici e ci insegnano ad esserlo: ecco come

Oltre ad aver effetti benefici scientificamente provati, gli alberi possono fornirci insegnamenti di vita, come maestri saggi, alla ricerca del nostro benessere.
In questo senso, molto affascinanti sono due caratteristiche degli alberi che si conoscono poco: la prima riguarda la reazione quando subiscono ferite, la seconda ha a che fare con il comportamento delle radici. Ecco perché.
Alberi feriti: le zone di reazione che proteggono
Un processo unico di cui sono capaci gli alberi è la facoltà di compartimentalizzare le ferite. La compartimentalizzazione è un processo con cui l’albero limita (isolando i propri compartimenti) la diffusione delle alterazioni dovute ad organismi che aggrediscono il legno. Dopo che una pianta è stata ferita, hanno inizio alcune reazioni che spingono l’albero a formare delle barriere intorno alla zona colpita, che sono chiamate zone di reazione.
Il Dottor Alex Shigo, ricercatore americano e padre della moderna arboricoltura, ha proposto un modello di questo processo, detto CODIT (COmpartimenalization of Decay In Trees). Secondo questo modello, ormai riconosciuto universalmente, la pianta crea quattro tipi di barriera: la prima resiste ad una diffusione verticale del danno, la seconda resiste contro una diffusione verso l’interno, la terza inibisce una diffusione laterale, la quarta evita la diffusione del danno verso l’esterno.
Un meccanismo perfetto, non trovate. Un modello da cui dovremmo prendere spunto in caso di ferite psicologiche: accerchiare il danno, proteggendo la nostra mente, il nostro corpo e le relazioni con il mondo e le persone. La felicità, in fondo, è anche imparare a reagire a quel che ci capita.
Radici degli alberi: immobilità apparente
Se pensiamo alle radici degli alberi, il primo pensiero va alla loro immobilità e solidità. Poi, essendo nascoste, viene da pensare che siano una parte per così dire marginare dell’albero. Pensieri da smentire.
Prima di tutto, le radici hanno un ruolo fondamentale per l’albero, pur non vedendosi: assorbono acqua e nutrienti e li portano a tutta la pianta, sostengono e danno stabilità, alcune hanno una funzione simile alla respirazione, stabilizzano il terreno prevenendo frane e smottamenti.
Per ottenere tutto questo, gli alberi muovono strategicamente le loro radici alla ricerca di nutrimento, degli alimenti migliori con cui crescere, fiorire ed espandersi. Le strategie di raccolta degli alimenti degli alberi sono sorprendenti; alcuni estendono addirittura i filamenti delle loro radici per lunghe distanze per soddisfare il loro fabbisogno.
Anche in questo caso, non possiamo che ritenere che si tratti di uno splendido modello per la ricerca di felicità: molto di ogni essere umano è nascosto, sotterraneo, protetto ma è quello che ci tiene in vita; per proteggere la nostra sopravvivenza e garantire il benessere, siamo autorizzati a muoverci a caccia di quello che ci serve per stare bene.
La felicità è un viaggio: “L’albero che è in te”

Siamo più che mai convinti, come da sempre cerchiamo di trasmettere, che la FelicitArt sia un viaggio di scoperta, specie alla scoperta di se stessi. In questo, senso, come ultimo consiglio di questo viaggio alla ricerca della felicità tra gli alberi, vi proponiamo la lettura di un prontuario molto interessante: “L’albero che è in te“, edito da Sonda.
Gli alberi sono creature straordinarie. Non possono spostarsi o fuggire, ma stringono alleanze, elaborano strategie e costruiscono difese. Sono silenziosi, ma in grado di gioire o provare dolore e se lo comunicano.
da “L’albero che è in te” (Sonda)
A differenza di noi sono in grado di affrontare ogni genere di avversità.
Chi ha bisogno di guru e influencer, quando possiamo prendere esempio da loro?
Troverete in questo libro interessante 60 lezioni di vita tratte dall’infinita saggezza degli alberi, corredate da 60 illustrazioni a colori per imparare a conoscerli.
Dal cuore d’acciaio del noce nero al geniale spirito d’adattamento del faggio, basta uscire dalla porta, per avere a disposizione tutta la saggezza e l’ispirazione per imparare a vivere. Questo libro è una celebrazione degli eroi della foresta e un compagno indispensabile quando ci serve un pizzico di ispirazione per andare avanti.
da “L’albero che è in te” (Sonda)